giovedì 21 aprile 2016

Da Trotsky al pollo fritto



"Qui vige l'uguaglianza. Non conta un cazzo nessuno". (Full Metal Jacket)

Stavo leggendo questo bellissimo articolo di Eriprando Sforza, che vi consiglio, quando è apparsa la somiglianza. Perché, mi sono chiesta (ignorando l'esistenza di una entità chiamata Kentucky Fried Chicken e il suo logo), qualcuno ha voluto associare Lev Trotsky al pollo fritto? In quel momento è stata sincronicità in tutto il suo fulgore. Non era Trotsky ma il colonnello Harland Sanders (Sanders, Sanders, questo nome non mi è nuovo), fondatore e sorridente testimonial di una delle centrali del complesso militare-alimentare americano. Non era Trotsky eppure era Trotsky lo stesso e non era un sorriso ma un ghigno satanico. Il trionfo della rivoluzione permanente (o globalizzazione) del pollo fritto. L'occupazione imperial-alimentare del paese con la cucina migliore del mondo celebrata, come narra Eriprando, con code chilometriche in occasione dell'inaugurazione dell'ultimo tempio del Partito Consumista in Padania. Code per andare a mangiare il pollo fritto che ha lo stesso sapore a Lahore come a Denver, ad Arese come a Shanghai, perché è pollo globale, infelice, torturato, alienato, massificato e oppresso come la massa magmatica multikulti e kalergicamente bastarda che è costretta a correre a cibarsene con un rito quasi cannibalesco, uguale in tutto il mondo. L'uguaglianza del non contare un cazzo nessuno, come dice il Sergente Hartmann.


Curioso che, del comunismo, l'ipercapitalismo abbia saputo sapientemente conservarne la parte più elettivamente affine e funzionale al proprio trionfo. E forse, proprio nell'antico antagonismo tra comunismo nazionalistico e comunismo internazionalista si può trovare la spiegazione per certi bollori, certi attaccamenti fanatici delle sinistre attuali all'Idea, al Fogno, all'Utopia di una oscenità come gli Stati Uniti d'Europa: da Spinelli, giù giù, ma proprio giù, fino a Tsipras. La simpatia, l'affinità e l'ingordigia delle sinistre per quello stato di rivoluzione permanente che, dopo la fine della storia (dicono i loro mentori nelle alte sfere) fluisce nella futura decennale "lotta al terrorismo" dei neocon e, in ultima analisi, nel caro vecchio ordo ab chao. Culto della Rivoluzione Permanente o globalizzazione che, come una pestilenza pre-apocalittica, ha contagiato e cooptato tutti, perfino i patetici No Global, ora riciclati come No Borders, le puttane al seguito degli eserciti di invasione.





3 commenti:

  1. A Ba', ogni tanto je devi mette' i sottotitoli ai tuoi pezzi! Non tanto per me, che sono 'ntelliggente, ma questo all'80 per cento è criptico e al 20 subliminale. Meno male che ce metti le figure...

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  2. Anonimo00:38

    Ricito qyu , in quanto on-topic, un calambour ispiratomi dall' uso continuo del metodo dialettico da parte delle diverse "logge" e "loggiati"
    Tesi ( o azione ) =capitalismo e/o disparita' globale
    antitesi ( o reazione) = socialismo e/o uguaglianza globale
    sintesi ( o soluzione) capitalismo globale per ricchi e socialismo globale per poveri.

    In fondo che cosa di piu' "uguale" di un anonimo padronato di tutto di un informe servitorame NEMMENO padrone della propria " prole" ?
    ws

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  3. Anonimo17:40

    Premesso che, dopo averne detto peste e corna per decenni, oggi mi arruolerei volontario nella Stasi, e pure nella Gestapo, nell'OVRA o nel NKVD, sono pienamente consapevole del fatto che i polli non ne troverebbero alcun giovamento. Non lo troverebbero loro e nemmeno i consumatori, essendo i canoni industriali esattamente gli stessi. Se proprio vogliamo fare gli animalisti, i nazisti sono stati sicuramente i migliori: hanno promulgato leggi all'avanguardia in materia. Ma sul lato umano avevano sicuramente qualche trascurabile deficit.

    Ah, gia', Trotzky... Certo che quando il piccone lo fornisci solo ai Kabobo anche il risultato cambia.

    Se ricordo bene Hartmann finisce con una palottola in fronte sparata dal solito pazzo isolato che si spara a sua volta.

    G.Stallman

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